CONOSCENZA DEL MIO AMBIENTE CULTURALE

E’ vero che spintonandosi si può arrivare..
E’ vero che il sostegno di chi è arrivato,è quanto ha lasciato alle spalle.
E’ vero che l’arrivato non deve voltarsi.
E’ vero che dietro si possono lasciare cadaveri.
E’ vero che i cadaveri si ricompongono dalle ceneri e risorgeranno.
Il rimanere in questo mio ambiente ed essere artista è molto difficile.
Per essere qualcuno devi uscire per tornarci come artista acclamato.
Perché nessuno deve sapere.
Tanti modi di speculazione vengono utilizzati per truffare la fiducia del mio ambiente.
Le difficoltà che il mio ambiente provoca sono tangibili: la cultura che ti si propone è siderale,quanto si conosce è solo per sentito dire,se proponi i veri problemi o fai tentativi di dialogo ti vai a sbattere contro la filosofia dei tabù.
I tabù sono il vero potere.
Il mantenimento di poteri, il sentirsi potente o reggente è paragonabile alla soddisfazione pur macabra del custode del camposanto che fatti uscire i parenti e amici dei defunti chiude a chiave gelosamente il suo regno, è il suo tesoro.
Allora dove vai a sbattere la testa?
Dove scavi per trovare, per conoscere il percorso che farà da guida al tuo divenire lento e faticoso di artista?
Ho trovato i camuni!
Questo popolo, la sua Storia che continua a darmi, che si apre come un libro accettato e letto con la semplicità e la modestia di chi comprende la spontaneità e la naturalezza come esempi di vita, e che costituiscono le basi quali fondamenta del vivere civile.
Sono pietre della mia Valle.
Sono supporto e scenario di questo spettacolo storico.
Sì, qui si narra la Vita.
La roccia è certezza morale, supporto duro ma malleabile agli addetti ai lavori.
Deve essere molto prezioso il regno minerale, da cui scaturiscono scintille per il fuoco, pietre sovrapposte a protezione, pietre durature nel tempo, più della propria vita.
Ecco allora i racconti per essere letti, i comunicati e le regole per una buona convivenza a dimostrazione di un popolo pacifico e aperto al dialogo.
Ecco il ritmo della narrazione scandito da pieni e vuoti, ripetizione di figure-immagini che evocano musicalità ripresa dai popoli a seguire, vedi i Greci nei templi: le mètope.
La roccia eterna diventa per noi ancora qualcosa da conoscere, scoprire, visto il suo utilizzo molto diffuso ancora oggi in campo artistico.

Primavera 1984                                                                                                                              Giuseppe Piovanelli
 

 CON GLI OCCHI DI OGGI

Quante teorie, pregiudizi percorrono la nostra Storia.
Quanta cultura abbiamo accumulato.
Vediamo e leggiamo con gli occhi di oggi.
E’ facile che ci sia il rischio di non poter sincerarsi della naturalezza dell’arte camuna.
Tra noi e i Camuni sono trascorsi millenni per cui è facile che il nostro sforzo di lettura sia adombrato
per la non capacità di annullamento del tempo, quotidianità della vita.
Il tempo per loro è il momento, è l’emozione data nel ritmare queste opere, emozione di narrare il gesto, il rapporto, il quotidiano, la vita.
Emozione di scandire con ritmo, scansioni su pentagramma, figure su uno spazio, superficie di roccia.
Roccia che vuol essere duratura nel tempo.
Il silenzio, la religiosità di queste pietre permettono un godimento visibile, estraneo ad una frettolosa interpretazione, ad una ricerca del significato, dei sensi.
Godimento impalpabile di bellezza artistico-naturale che l’Uomo di allora ha sentito e saputo cogliere in tutta la sua interezza e trasportare su queste rocce.
L’ingenuità è la semplicità d’animo dei Camuni, è l’espressione di questi Segni.

Primavera 1984                                                                                                                              Giuseppe Piovanelli


LEI E’ PRIVILEGIO

Lei, Lui,
Si guardano, si notano, si sentono:
Odorato, attrazione, sopravvento, distacco.
Lei e Lui.
Lei femmina “donna”,
Lui maschio “uomo”.
Lei: forte, calda, felina,
Lui: fragile, caldo, gallismo.
Per millenni Lei e Lui sono parte integrante della natura.
Nella visione olistica dell’uomo preistorico Lei, uguale terra.
Lei è personificazione della Madre Terra.
Lui spermiazione,
Lei, fecondità e nutrimento,è assimilata alla natura.
Lui riconosce l’epifania di Lei,
A Lei spetta il ruolo.
Lei è privilegio.

Estate 1985                                                                                                                                     Giuseppe Piovanelli


IL SILENZIO DEL CORTILE

I bambini qui trovano uno spazio antico ai loro giuochi infantili mentre gli adulti stanno seduti sulle pietre a parlare quel pettegolezzo paesano simpatico e malizioso.
Quei bambini, ai quali il giorno permette di ritrovare qualche pomeriggio nel cortile, ora sono a scuola, per loro è l’inizio della conoscenza, del confronto, della ricerca e dell’indipendenza nel futuro.
Io sono nel mio studio.
I quadri appesi alle pareti, i cavalletti con sopra i supporti, i pennelli puliti, i colori disposti sulla tavola fanno lo studio dove lo sguardo fissa il bianco del supporto, mentre gesso, pigmento colorato, olio di lino, essenza di trementina emanano odori.
Nella mente troppe cose devono lasciare posto ad altre: pensieri di lettura, cose sentite, formazione di immagini che spaziano veloci.
Solo nel silenzio è questo silenzio cercato, voluto.
Un pennello a misura intinto nel colore scelto in quel momento, un piccolo timido graffio che muove zigzagante obliquo dall’alto verso il basso su quel bianco che contribuisce a costruire, a realizzare.
Il supporto inizia a mutare.
Sono attimi iniziali, sensazioni man mano si opera: non più perplessità.
I colori prendono forme libere: figure, oggetti, paesini, montagne, ruscelli, il tutto mescolato ai propri suoni, odori.
La gioia viene uscendo.
Gli azzurri, i rossi, i verdi e i gialli concorrono freneticamente alla ricerca della giusta collocazione, alla riuscita equilibrata voluta nella sua eccitante esecuzione.
Si ritrovano assieme frammenti di ieri e di oggi della mia Valle, calati in una realtà mutata dall’uomo, dalla tecnologia, dalla cultura, ma pur sempre felici di essere narrati
La storia dell’uomo qui è millenaria e le mie opere hanno tempo breve, insufficiente.
Emozioni, sensazioni nelle pennellate colorate portano ad una gioia finale,anche canticchiata; è una serenità immensa mescolata a stanchezza.
Quei bambini tornati da scuola giocano ignari nel cortile ed io pure ignaro getto su loro lo sguardo dal vetro, mentre gli adulti stanno seduti sulle pietre a parlare il pettegolezzo del nuovo.
Momenti liberi, incondizionati, sono momenti di colore, è il mio linguaggio, è il mio silenzio.

Settembre 1989                                                                                                                             Giuseppe Piovanelli


INVENZIONE

Non sono per proporre i camuni come rivisitazione storica di un popolo nelle loro abitudini e tradizioni.
Riscopro in essi ,per continuità di intensi momenti di vita sociale, quei valori comunitari dove l’uomo cresce e migliora di intelletto affinandosi nella conoscenza, evolvendosi nella mutevole e difficile sopravvivenza dell’esistere.
Non trovo in queste immagini tristezza, non una sola rappresentazione di sofferenza, di riti sacrificali.
Esse sono immagini di un divenire dell’uomo che manifesta una armonica convivenza con il proprio ambiente: uomo che narra le sue vicende terrene con semplicità segnica e schiette emozioni in libere espressioni, dove l’istinto iniziale è filtrato dalla razionalità di analisi.
Solo così questi immensi spazi potevano man mano, giorno dopo giorno appartenere ad una grande opera della quale non conosciamo la fine.
La non indole bellicosa,l’assenza della conquista,anche l’espansione territoriale manifestatasi sempre pacifica fanno dell’artista camuno un messaggero di pace, dove l’immaginazione e la fantasia diventano contributi alla dialettica, alla convivenza.
La capacità di parlare una lingua accessibile, la sintesi nella narrazione degli avvenimenti e degli accadimenti, gli atteggiamenti anche rituali, le collocazioni dei personaggi con tutti i contributi del segno che compone la grande opera lasciano molti interrogativi agli studiosi, i quali solo scientificamente devono avvalorare le loro tesi, mentre per l’artista camuno necessita concretezza per una realtà espressa con semplicità, con conoscenza e straordinaria intuizione: invenzione.

Aprile 1990                                                                                                                                      Giuseppe Piovanelli


LE OPERE VANNO GODUTE

Una cultura ultramillenaria è riconosciuta in Valle,visitata da migliaia di persone che assaporano il gusto primitivo, genuino di questa nostra Arte ancora intatta nei suoi segni comunicanti costumi e vita sociale.
Nella ricerca ci si prodiga ad interpretare qualsiasi segno-simbolo per coglierne l’esistente.
Cosa hanno questi miei antenati che provocano dispute sulla validità o meno riconosciuta di essere stati Artisti?
A mio avviso si vuol dare una ragione di ogni cosa pur di introdursi nei meandri del filosofare, dimentichi del tempo.
Il tempo ha portato l’uomo a doversi modificare, a misurarsi coi mutamenti più o meno repentini che la natura obbligava ed obbliga.
Oggi pare tutto facile da acquisire, liberi ad interpretare, dare giudizi, accettare o rifiutare se non anche condizionare, non voglio dire imporre ma quasi costretto visto che i miei antenati mi mandano segnali e lezioni di non costrizione.
E’ vero!
Essi non filosofavano, se quanto esprimevano con i loro segni incisi, era Arte oppure no .
Non avevano i critici o i cultori dell’arte che esprimevano compiacenze o disapprovazioni.
Non ci hanno tramandato riconoscimento di artisti più o meno blasonati.
Non avevano tra loro estimatori che si aggiudicavano quel pezzo di roccia.
Forse che quanto veniva inciso aveva la proprietà di farsi riconoscere come lingua universale?
Non è proprietà dell’Arte saper comunicare?
Questo comunicare oggi diviene sempre più complesso perché l’accumulo di concetti con l’ampliamento della conoscenza ha smarrito la semplicità di quei valori primordiali che sono dell’uomo camuno.
Forse per questo si opera a ritroso alla ricerca del dimenticato, riproporlo oggi è testimoniare quei valori umani tutt’ora più che mai vivi ed attuali.

Maggio 1992                                                                                                                                   Giuseppe Piovanelli

 


CONOSCERE UN MIO QUADRO

Pur partendo da percezioni figurative, il mio operare lascia alla sensazione e alla emozione la gestione del segno e del colore.
Superato il concetto di visione immediata della realtà e di immagine figurativa, il colore si impadronisce dell’immagine stessa per divenire forma ed equilibrio cromatico.
Il colore nell’accostamento cromatico scandisce pieni, vuoti, profondità prospettica, e il segno non è che ritmo, dinamicità.
Come primo impatto c’è la probabilità di non raccapezzarsi ma guardando poi con calma, aggiungere un po’ di fantasia, lasciarsi trasportare dal segno tutto questo è quanto sia viva la realtà in un mio quadro.
Si deve avvicinarsi al quadro con disinvoltura senza pregiudizi o intenzione di riferimenti a luoghi o a tendenze artistiche e cogliere solo quello che il quadro permette e sollecita nella fantasia. Sensazioni ed emozioni suscitate e stimolate permettono di entrare in quel mondo immaginario che la composizione offre.
Il mio colore non è un’invenzione, ma sollecitazione di impulsi esterni che permettono l’espressione e la formazione del mio linguaggio.

1985                                                                                                                                                 Giuseppe Piovanelli