MOSTRA - LA BELLA CAMUNIA – 1987
NELLA PITTURA DI PIOVANELLI I COLORI FERMANO LE EMOZIONI
di Eugenio Fontana

…Sotto la sacra e austera religiosità delle volte a crociera,entro gli affreschi drammatici e corsivi del Romanino,risplendono i colori vivissimi ed emozionali di Giuseppe Piovanelli. Il “paesaggio” è il soggetto preferito,talvolta anche “il paesaggio con figura”. Ad ogni modo sono documentati dieci anni di attività (1977-1987), segnati da una sostanziale fedeltà alla propria ispirazione dagli esiti personalissimi,immediati,persino”ingenui”.Assente ogni istanza,per così dire,”culturale”;è una pittura priva di messaggi. Piovanelli non vuole né cambiare né reinventare il mondo. Vuole,più semplicemente e con la commovente verità dei sentimenti dell’innocenza e dello stupore,rappresentare e quindi oggettivare le emozioni che trascorrono nell’animo quando ci si immerge nel paesaggio camuno per contemplare l’azzurro del lago e il rosso delle tegole che dai tetti delle case spunta tra il verde della montagna.
Piovanelli ha incominciato a dipingere giovanissimo,seguendo Amleto Romele nei più disparati paesi della provincia bresciana,di concorso in concorso,alla ricerca di una segnalazione o di una medaglia.
…Piovanelli non ha (e probabilmente mai li ha cercati) protettori né in alto né in basso.Ha invece un dovere di fedeltà con sé stesso,con le sue radici umane e culturali,oltre che sociali,con la sua Valle (“la bella Camunia”),con la sua gente.Tale dovere lo ha spinto sulla cresta sottilissima di una pittura che è sintesi originale di “figuralismo” e di “astrattezza”,di “oggettività” e di “soggettività”,sintesi portata entro il linguaggio dell’espressività formale (l’osservazione è di quell’acuto e generoso osservatore che risponde al nome di Luciano Spiazzi).
Conseguente e coerente a scelta siffatta,è anche il linguaggio tecnico (affinato negli studi compiuti all’Accademia di Brera):pennellate veloci (ora incandescenti come le scintille del maglio),ora profonde come i gorghi del torrente che verde-azzurro indugia attorno ad un masso granitico.
I quadri di Piovanelli non vanno visti “in superficie”,lontani come sono dagli impressionismi triti e ritriti. Né và scambiato il mezzo con il fine. Occorre andare oltre e quasi “trapassare”la tela. Non è l’ambiente ad “illuminare” quei quadri;l’ambiente,al contrario,ne è “illuminato”. Penso all’effetto straordinario di luce e di colore che una di quelle opere realizzerebbe anche in spazi architettonici modernissimi,tra pareti bianche,computer e abat-jours filamentose:sarebbe l’accendersi di un’emozione purissima nelle dimensioni della razionalità e della funzionalità.

I COLORI DELLA VALLE
di Egenio Fontana

GIUSEPPE PIOVANELLI è pittore che si pone sul confine del lago e della valle, nel punto in cui si incontrano le brezze che salgono dal sud e i venti che scendono dal nord, la civiltà dei pescatori e quella dei montanari, i colori e gli uomini esasperanti del Romanino nelle storie in Santa Maria della Neve e gli stilemi delle sofisticate liturgie di Giovan Pietro da Cemmo in Santa Maria di Esine. Sono riferimenti culturali: respirati, osservati,indagati, mitizzati dal sentimento e dalla fantasia, ben prima e ben al di fuori di ogni intellettualismo, colti nel ritmo vorticoso dei colori.
Ma c’è un altro evento che ha segnato i primi passi e le prime esperienze. Piovanelli ha incominciato a dipingere giovanissimo,seguendo le orme e la lezione di Amleto Romele nei più disparati luoghi della provincia bresciana, di concorso in concorso, di mostra in mostra,dentro un sodalizio che, prima di essere culturale, fu spirituale e fraterno, schietto e fecondo di idee e di esperienze. C’era il pericolo, evidente nelle prime opere del più giovane pittore, di rimanere abbagliati e schiacciati dalla personalità di Amleto, dal suo talento che toccava i vertici del lirismo paesaggistico, eppure e sempre, in ogni parola e frase, controllato da mano sicura e fermissima.
Piovanelli, appresa la lezione (del colore) di Romele, avvertì quel pericolo e, forse anche per la morte prematura dell’amico e del maestro, fu costretto a ricercare la propria strada. E l’ha trovata. Di Romele conservò il linguaggio delicato e scattante, ma non l’impianto sintattico che – ed ecco la conquista – in Piovanelli tende a sciogliersi dal dato figurativo e oggettivo verso forme più libere e soggettive, dunque più intrise di lirismo. Il canto lirico nella pittura di Romele diventava storia di pescatori, di contrade, di popolo, di colline, di chiese e di campanili. In Piovanelli diventa poesia senza tempo, per altro senza scadere in un vuoto sentimentalismo ed in uno sperimentalismo fine a se stesso che avrebbe non solo generato delle fughe ma che avrebbe comportato la distruzione del “fatto” pittorico, ossia un tradimento della propria vocazione e della propria formazione nel contesto sebino e camuno, mediato da una sensibilità innocente e solare.
Quali risultati abbia conseguito la pittura di Piovanelli nella fedeltà alla sua origine e alla sua ragione spirituale è nella festa dei colori mai disincarnati dalla geografia della sua valle e del suo lago, ma neppure da questi condizionati.
Si può benissimo ricorrere alle categorie critiche del figuralismo o dell’astrattismo. Ma sarebbe fermarsi ad una lettura superficiale. Forse queste connotazioni ci sono. Ma sono mezzi linguistici, sono vocabolario. La matura, consapevole espressività formale ha portato Giuseppe Piovanelli ad elaborare una pittura nella quale è impossibile prescindere dai luoghi che l’hanno suggerita. Ma sarebbe anche sbagliato e riduttivo fermarsi ad essi. Sembra un controsenso. Non lo è se alla fine non si dimentica che il risultato è sempre imprescindibile dal suo autore. L’autore è nella sua opera.
Conseguente e coerente con siffatta scelta, è anche il linguaggio tecnico affinato negli studi compiuti all’Accademia Brera. Pennellate veloci, incandescenti come le scintille del maglio; pennellate ampie, profonde come i gorghi del torrente che indugia attorno ad un masso granitico (e ritornano le metafore del lago e della valle).
I quadri di Piovanelli non vanno visti in superficie, lontani come sono dagli impressionisti triti e ritriti.
Il mezzo non va scambiato per fine. Occorre andare oltre e quasi trapassare la tela. Non è l’ambiente ad illuminare quei quadri, al contrario ne è illuminato.
Penso all’effetto straordinario di luce e di colore che un’opera di Piovanelli realizzerebbe in spazi architettonici modernissimi, tra pareti bianche e computer. Sarebbe l’accendersi di un’emozione o forse meglio l’accendersi del ricordo di un’emozione, nel regno della tecnica e della pura razionalità, affidata quell’emozione ad una cromaticità pura, fervida, intensa